15..marzo..2007 Trattative e responsabilità precontrattuale: prescrizione

 

La responsabilità precontrattuale trova fondamento nel comportamento delle parti che si manifesta nella fase delle trattative prodromica alla stipulazione di un contratto.

Viene in essere quando il comportamento di una delle parti nella fase delle trattative è scorretto, contrario a buona fede o sleale. Esempio tipico si ha quando una delle parti cela all'altra, dolosamente o colposamente, alcune informazioni rilevanti sull'oggetto del contratto stesso.

Il problema della natura della responsabilità precontrattuale, prevista dall'art. 1337 c.c., rimane tuttora irrisolto. Mentre la dottrina maggioritaria la riconduce alla responsabilità contrattuale, la giurisprudenza quasi unanime la riconduce invece nell'alveo della responsabilità extracontrattuale o da fatto illecito prevista dall'art. 2043 del codice civile.

La riconducibilità all'una o all'altra forma di responsabilità non ha rilevanza puramente dogmatica in quanto incide sulla disciplina dell'onere della prova  e della prescrizione. Come è noto, infatti, agli esperti del diritto mentre nel caso di responsabilità extracontrattuale il 'danneggiato' è onerato di dimostrare quanto meno la colpa del 'danneggiante' viceversa nel caso di responsabilità ex contractu si inverte l'onere della prova: è la parte a cui si imputa la responsabilità a dover, invece, dimostrare che la sua condotta è esente da colpa. Inoltre nel primo caso la durata della prescrizione è quinquennale mentre nel secondo caso è decennale.

Per anni  la giurisprudenza prevalente ha applicato l'istituto de quo alle fattispecie in cui, a causa del comportamento scorretto o sleale di una parte,  non si addiveniva alla conclusione di un contratto valido con conseguente perdita, ai danni della controparte, di altre occasioni contrattuali (lucro cessante); recentemente, invece, ha esteso l'applicazione dell'art. 1337 anche al caso in cui, nonostante il comportamento scorretto di una delle parti, si perviene ugualmente alla conclusione di un contratto valido seppur a condizioni diverse rispetto a quelle in cui sarebbe stato stipulato senza l'interferenza del comportamento scorretto (Cass. n°19024 del 29 ottobre 2005).

Sulla base di tale linea evolutiva si potrebbe quindi avallare la tesi secondo cui la responsabilità precontrattuale possa essere ricondotta a quella contrattuale nell'ipotesi in cui un contratto venga di fatto ad esistenza. Rimanendo invece nell'alveo di quella extracontrattuale in caso di rottura delle trattative. Nel primo caso, infatti, si potrebbe ritenere che la effettiva conclusione di un contratto andrebbe a connotare di "contrattualità" anche i comportamenti propedeutici alla stipula del contratto stesso.

Tale soluzione seppur interessante appare essere smentita da una recentissima sentenza della Corte di Cassazione: n° 20260 del 19 settembre 2006. La suprema Corte, infatti, nonostante nella fattispecie vagliata si perviene alla stipulazione di un contratto, riconduce la condotta antecedente e prodromica alla formazione del contratto come fonte di obblighi extracontrattuali. Testualmente afferma: "il contraente il cui consenso risulti viziato da dolo può bene richiedere giudizialmente il risarcimento del danno conseguente all'illecito della controparte lesivo della libertà negoziale, sulla base della generalissima previsione in tema di responsabilità aquilana di cui all'articolo 2043 Cc (discutendosi di condotta anteriore e prodromica alla formazione dell' in idem placitum consensum)".

La giurisprudenza, concludendo, nonostante la contrapposizione maggioritaria della dottrina, continua a sostenere quasi all'unanimità la tesi della natura extracontrattuale dell'art. 1337 con la conseguente durata della prescrizione di cinque anni.

Avv. Michele Mirante

 

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