L'attività giornalistica è definita dalla giurisprudenza come la prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento e all'elaborazione di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione: in particolare può avvenire indifferentemente attraverso l'apporto di espressioni letterali, con l'esplicazione di espressioni grafiche o mediante la collocazione del messaggio (Cass. 1/2/96 n°889).
L'attività giornalistica può esplicarsi in forma autonoma o in forma subordinata: il discrimine tra le due modalità esplicative è tuttavia lievemente diverso rispetto alle altre attività lavorative. Il lavoro giornalistico, infatti, può presentare peculiarità quali l'autonomia operativa o la discrezionalità espressiva che di per se, a differenza di altre categorie professionali, non sono necessariamente indici rilevatori dell'autonomia del rapporto di lavoro ma possono essere compatibili anche con il vincolo di dipendenza lavorativo.
In altre parole la subordinazione non è esclusa dal fatto che il prestatore goda di una certa libertà di movimento e non sia obbligato al rispetto di un orario predeterminato o alla continua permanenza sul luogo di lavoro, non essendo neanche incompatibile con il suddetto vincolo la commisurazione della retribuzione a singole prestazioni (Cass. 17 agosto 2004 n° 16038; Cass. 7 settembre 2006 n°19231). Non è esclusa dal fatto che il giornalista collabori con altri giornali né dal fatto che l'attività informativa sia marginale rispetto alle altre svolte dal datore di lavoro. Tali elementi possono quindi essere compatibili sia con la subordinazione che con l'autonomia del rapporto.
Ciò che è determinante, invece, ai fini della prova della subordinazione è che il giornalista si tenga stabilmente a disposizione dell'editore o del produttore, anche nell'intervallo tra una prestazione e l'altra, per evaderne richieste variabili e non sempre predeterminate e prevedibili eseguendone direttive ed istruzioni. Il dato più importante che rileva ai fini della subordinazione è quindi l'obbligo per il giornalista di mantenersi a disposizione dell'editore tra una prestazione e l'altra per un periodo di tempo apprezzabile; oltre a quello del suo necessario e conseguente inserimento nel contesto organizzativo dell'impresa editoriale. Ulteriori elementi sono la sottoposizione del giornalista al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro.
L'autonomia del rapporto di lavoro giornalistico si ravvisa, di contro, in ipotesi di prestazioni singolarmente convenute e retribuite in base a distinti contratti che si succedono nel tempo, ovvero nel caso in cui siano concordate singole, ancorché continuative, prestazioni secondo la struttura del conferimento di una serie di incarichi professionali (Cass. 6 marzo 2006 n°4770). Il giornalista in tal caso rimane pur sempre autonomo in ordine alla scelta se accettare o meno il singolo incarico o la singola prestazione e, data l'assenza di qualsiasi vincolo, le parti, il giornalista e l'editore, versano su un piano contrattuale decisamente paritario.
Il diverso modus esplicandi del rapporto di lavoro giornalistico, lungi dall'avere un rilievo meramente concettuale, postula, invece, il verificarsi di differenti conseguenze ed effetti giuridici: ad esempio 1) una diversa commisurazione della retribuzione, sulla base dei contratti collettivi o delle tariffe dell'ordine 2) il divieto di licenziamento ad nutum per il giornalista subordinato, 3) l' onere circa al pagamento della contribuzione previdenziale (a carico del datore o del dipendente a seconda dell'autonomia o meno del rapporto), 4) l'esercizio dei diritti sindacali o meno 5) la previsione di garanzie a tutela della maternità/paternità, il regime delle ferie, della malattia e dell'orario di lavoro, etc.
In concreto, pertanto, si potrebbe aver interesse a far si che la propria attività giornalistica venga riconosciuta come subordinata: a seguito di tale accertamento, infatti, vi sarebbero importanti conseguenze giuridiche a tutela proprio del lavoratore, prima fra tutte quella di divenire titolare di un rapporto di lavoro subordinato e soprattutto a tempo indeterminato.
Circoscrivendo poi l'attenzione sulla qualifica professionale del redattore è importante evidenziare che ai fini della subordinazione è necessaria anche l'iscrizione all'albo dei giornalisti. Una recente sentenza della Cassazione, ha negato l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato ad una professionista che, seppur avesse svolto di fatto mansioni di redattrice, era però iscritta all'albo dei praticanti giornalisti e non a quello dei giornalisti.
L'iscrizione all'albo dei giornalisti, in altre parole è requisito indispensabile per ottenere la qualifica di redattore e per vedersi riconoscere la subordinazione relativamente a tale qualifica. Il praticante giornalista, pertanto, che di fatto svolge mansioni di redattore non potrà mai rivendicare la subordinazione e la qualifica di redattore. Il contratto sarebbe nullo perché in violazione della legge : lo stesso però potrà rivendicare il livello retributivo spettante al giornalista redattore subordinato poiché è principio generale ex. art. 2126 c.c. che "la nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione".
Avv. Michele Mirante
articolo pubblicato sulla testata giornalistica on-line http://www.recensito.net/ di Davide Bellalba
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